Contabilizzazione del calore: il CDM approva le modifiche al D.LGS. 102/14 che si sono rese necessarie per sanare la procedura di infrazione aperta dalla UE oltre un anno fa.
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Meno certezze per la contabilizzazione del calore dalle modifiche al D.LGS. 102/1420/07/2016Contabilizzazione del calore: il CDM approva le modifiche al D.LGS. 102/14 che si sono rese necessarie per sanare la procedura di infrazione aperta dalla UE oltre un anno fa. |
Articolo a cura di Roberto Colombo, Direttore generale Brunata Italia
Il Consiglio dei Ministri del 13 luglio ha approvato il provvedimento correttivo del D.Lgs. 102/14 con cui il nostro Governo aveva recepito la direttiva europea sull'efficienza energetica (EED 27/2012). In merito alla contabilizzazione del calore viene confermata la scadenza ultima entro la quale i dispositivi di contabilizzazione e termoregolazione devono essere installati: 31-12-2016. Del resto, chi si attendeva una proroga non ha compreso che tale termine è stato imposto proprio dalla direttiva europea n° 27/2012, non derogabile.
In attesa della pubblicazione definitiva in Gazzetta Ufficiale, l'analisi preliminare del documento discusso dal CDM evidenzia che le sorprese maggiori arrivano dalle modifiche introdotte all'articolo 9, comma 5, lettera d. Questa parte si occupa di regolamentare la ripartizione delle spese per il riscaldamento ed era stata oggetto di numerose critiche fin dalla pubblicazione del 102 in Gazzetta Ufficiale (luglio 2014).
Ebbene, a meno di smentite e chiarimenti futuri, la prima impressione è che il nuovo provvedimento introduca più dubbi che certezze. Andiamo per gradi, analizzando i tre punti all'origine dei dubbi principali. Imposizione della norma UNI 10200Aprendo anche alla possibilità di introdurre nella norma non più solo meri aggiornamenti bensì anche vere e proprie modifiche, il nuovo testo conferma l'obbligatorietà della UNI 10200, a meno che non si verifichi una delle seguenti condizioni:
b. siano comprovate differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari superiori al 50%.
Calcolo dei nuovi millesimi di fabbisogno di energia termica utileL'obbligo del ricalcolo dei nuovi millesimi di fabbisogno ha generato disappunto in molti utenti fin dall'inizio. Ma il provvedimento appena approvato non cambia granché la sostanza. Se vi sono grandi differenze di fabbisogno tra le unità immobiliari, il nuovo decreto consente di definire una quota fissa per le dispersioni (al massimo il 30%) e di suddividere tale spesa sulla base di semplici dati già a disposizione del condominio (metri quadri, metri cubi, millesimi di proprietà o vecchi millesimi di riscaldamento). Peccato che per poter accedere a questo metodo "semplificato" occorra una relazione tecnica asseverata che dimostri differenze proprio sui millesimi di fabbisogno! In pratica, per poter tornare a utilizzare i millesimi di proprietà o quelli tradizionali basati sulle potenze installate, il condominio deve ugualmente pagare un professionista termotecnico per farsi calcolare la nuova tabella millesimale del fabbisogno termico... (che poi non userà più, aumentando la sensazione che tale tabella millesimale sia una spesa superflua). Coefficienti correttiviI coefficienti correttivi sono argomento di discussioni infinite. Chi vive all'ultimo piano di un edificio mal coibentato sostiene che le dispersioni vadano attribuite al condominio nel suo complesso. Chi vive negli appartamenti centrali, invece, non ha nessuna intenzione di continuare a condividere le spese per queste dispersioni che non avvengono nella sua unità immobiliare. Vi sono Paesi che usano i coefficienti correttivi per mitigare le grosse differenze di spesa e altri no.
L'effetto che si ottiene sarà esattamente l'opposto del risultato desiderato: avendo come obbligatoria una quota minima del 70% da imputare ai consumi volontari, chi vive all'ultimo piano vedrà aggravarsi la propria situazione perché il nuovo decreto in questo caso non contempla la possibilità di utilizzare alcun coefficiente correttivo! Se, ad esempio, l'assemblea condominiale delibera l'80% a consumo e il 20% di quota fissa, l'utente dell'ultimo piano sarà ancor più penalizzato che con il metodo riportato nella UNI 10200. Al contrario, la nuova versione della UNI 10200, attualmente in fase di revisione, prevederà quasi certamente dei coefficienti per suddividere tra tutte le unità immobiliari gli extra consumi dovuti alle strutture orizzontali (in particolare il sottotetto). In pratica, il condominio che deciderà di applicare la norma UNI 10200 avrà a disposizione uno strumento per rendere ragionevole la ripartizione delle spese, mentre il condominio che vorrà fare a meno della norma si troverà a gestire infinite discussioni tra gli utenti dei vari piani.
Un esempio? Pensate al caso del condominio di 5 piani: gli utenti del primo e dell'ultimo piano voteranno in assemblea a favore della UNI 10200, così da avere un meccanismo correttivo per condividere gli extra costi delle dispersioni con tutti gli altri appartamenti. Ma gli utenti del secondo, terzo e quarto piano (sicuramente la maggioranza) potrebbero votare contro la UNI 10200, accordandosi su una quota a consumo del 90% e una quota fissa del 10%! Avendo dispersioni molto ridotte, infatti, queste unità centrali avranno tutto l'interesse a ridurre al minimo la quota fissa.
Ancor peggio potrebbe andare agli edifici scarsamente abitati, ad esempio le seconde case al mare o in montagna (ma non solo). Se l'assemblea decidesse di non applicare la norma UNI 10200, nessun correttivo verrebbe applicato al calcolo della ripartizione, con il risultato che i pochi utenti che risiedono stabilmente nel condominio si troverebbero a pagare quasi tutta la spesa sulla base del consumo volontario.
Milioni di italiani speravano di ottenere certezze su ciò che rappresenta la voce di spesa più significativa del condominio: il riscaldamento. Purtroppo pare non sia andata così. Sarebbe bastato ascoltare la voce dei tecnici e dei professionisti del settore per riscrivere dieci righe di un decreto che interessa quasi un milione di condomìni. |